CLAUDIO ZANASI . . . . A proposito di moneta

Tutto ciò di cui politicamente possiamo parlare, riguarda il denaro: che a seconda delle circostanze viene denominato come : liquidità, moneta, aiuti, debito, credito, acquisto di titoli, ecc.
Se discutiamo di sanità, di stato sociale (volgarmente welfare), di F35, di lavoro, di pensioni, di scuola ed Università, di opere pubbliche, di immigrazione, di costi della politica, di sicurezza, di liberalizzazioni, di bilanci, insomma di ogni cosa, alla fine della giostra ,stiamo discutendo di denaro! Ognuno discute, ognuno sentenzia, propone, dispone, ma nessuno sa di cosa sta parlando. In particolare, non sa:
1) COSA è  il denaro.
2) DA DOVE proviene il denaro. 
3) DOVE circola il denaro.
4) QUALI conseguenze determina l’applicazione di un interesse sul denaro.
Buffo, vero? Sarebbe come parlare di calcio senza neppure sapere che cos’è la palla!
Quindi:
                                                COSA E’ IL DENARO?
Soffermiamoci un po’ su questa definizione, poiché indispensabile per capire tutta l’economia.
Distinguiamo la differenza tra beni reali e beni convenzionali:
Un bene reale è qualcosa di cui ognuno può disporre in modo diretto ed immediato: una mela, una penna, una bicicletta, un’auto, un treno, una casa, una sorgente d’acqua, un campo coltivabile, , ecc
Un bene convenzionale, è qualcosa che ti consente di accedere, data la convenzione sociale che lo accetta, ad un bene reale.
Il denaro è quindi un bene convenzionale.
Tecnicamente è l’unità di misura del valore, del bene reale ed un velocizzatore di scambi. Ha un valore convenzionale in quanto, non avendo alcuna copertura in oro ormai dal 1971, gli viene dato da colui che l’ accetta come mezzo di pagamento, poiché questi prevede a sua volta di poterlo cedere in cambio di altri beni e/o servizi. Inoltre lo Stato lo impone per legge con il così detto “corso forzoso”, e a sua volta lo accetta per il pagamento di imposte e tasse.
Conseguentemente, il denaro, pur con tutti i distinguo del caso, anche sotto il profilo giuridico, realmente ha lo stesso valore dei buoni pasto, del biglietto d’ingresso del Teatro, o del Cinema, e di un francobollo: svolge la stessa funzione, cioè consente alla domanda e all’offerta di incontrarsi, abbreviando i tempi di transazione. Con la sola differenza che il biglietto lo gettiamo dopo il primo utilizzo.
A parte ciò, chiunque capisce bene che quando andiamo a vedere uno spettacolo, non è il biglietto che paghiamo, ma appunto, lo spettacolo: che ve ne fareste di un intero blocchetto di biglietti, se non corrispondesse ad ognuno di essi la reale possibilità di potere assistere ad uno spettacolo?
Tuttavia, secoli di consuetudine, ci inducono a dire: “Paghiamo il biglietto!”
Ma notate però che, pur non avendo alcun valore reale (intrinseco) se non siamo forniti di biglietto, non possiamo accedere allo spettacolo. E gli attori rimarrebbero disoccupati.
La stessa cosa possiamo dire per il francobollo.
Nessuno spedisce IL francobollo! Ma, notate anche qui, che , come nel caso del biglietto, se non siamo forniti di francobollo, non possiamo spedire il pacco, e gli impiegati perderebbero il lavoro. Allo stesso modo dei due esempi , il denaro, di per sé, NON ha valore.
Da questa semplice constatazione, deriva la logica conclusione che il biglietto, come il denaro, non può essere emesso a debito, poichè sia il primo che il secondo sono già stati pagati: il primo con una banconota, il secondo con il nostro lavoro. E quale Ente potrebbe emettere denaro che non fosse a debito? Certamente non una banca privata (tutte le banche sono private in Italia, e persino la BCE). Dovrebbe quindi essere lo Stato ad emettere il denaro e a metterlo in circolazione come ricevuta per l’avvenuto pagamento delle nostre prestazioni, siano esse tempo lavorato, o merci prodotte, trasportate, o manufatti fabbricati, e su questo pagamento non può gravare un fardello come il debito pubblico, né tantomeno gli interessi che da esso illecitamente scaturiscono: il denaro è la giusta ricompensa che ci viene data per produrre la reale ricchezza, o, in via differita, per averla prodotta nel corso della nostra vita lavorativa (pensioni).
Il francobollo e il biglietto del Cinema diventano nostri, in quanto da noi pagati con denaro, ricevuto in cambio di prestazioni reali.
Il denaro diventa nostro ( al portatore) in quanto ricevuto in cambio di beni e/o prestazioni reali.
Lo Stato deve trasferire ai cittadini la proprietà della moneta che essi guadagnano, come titolo al portatore. E non dovrebbe quindi prenderlo “in prestito” da banche private che lo creano (dal nulla) a costo zero. Ma questa è materia per la seconda domanda:
                                         DA DOVE PROVIENE IL DENARO?
Forse credete che tutti i deputati europei, depositano nella BCE i propri denari perché questa a sua volta li investa per sostenere l’economia di commercianti,  aziende, e  famiglie europee?
Pensate che le cose possano veramente andare in questo modo?
Rassicuratevi: le cose non stanno così:
Emissione(cartacea) significa letteralmente :”Creare da carta e inchiostro, banconote, stampandole ad un costo risibile, e prestarle al valore impresso sul facciale, ovvero 5, 10, 20, 50, 100, 200, 500 euro!”
Le avrete viste migliaia di volte in TV, quelle valanghe di biglietti di banca stampati  che corrono veloci come un fiume in piena!
 Esistono fondamentalmente due modi con cui il denaro viene creato: per via “endogena” e per via “esogena”.
La via esogena, cui abbiamo appena accennato, è quella usata dalla Banca Centrale di uno Stato o, nei casi di Stati con sovranità monetaria, dallo Stato stesso per mezzo del suo Istituto Poligrafico e del Ministero del Tesoro, dei quali il primo stampa materialmente le banconote, e il secondo le emette essendosene attribuito la titolarità. Per la zona euro, è la BCE  che fa stampare ed emette le banconote ad un costo di pochi centesimi l’una,. Questo denaro così creato, assume anche in economia, il nome di “moneta ad alto potenziale”. Vedremo subito perché.
La maggior parte del denaro, (93% circa in Italia) viene creato dal nulla a costo zero dalle comuni banche commerciali con il secondo sistema, e viene chiamata moneta “endogena”, ( o credito bancario) poiché creata all’interno del sistema interbancario, all’atto di erogare crediti (fidi, mutui,ecc.). A differenza  della moneta esogena,  quella endogena è assolutamente immateriale, virtuale, scaturendo dalla tastiera di un computer, ed  ha un costo ancora più irrilevante, prossimo allo zero.  A dir tutta la verità, non è neppure denaro, bensì una promessa di pagamento a richiesta (una specie di cambiale sulla fiducia, tanto è vero che le banche lo inseriscono nei loro bilanci come proprio debito, al pari, appunto, di una cambiale)) .Le banche ne possono creare in quantità quasi illimitata, poiché il limite è posto solo dal loro patrimonio (moneta ad alto potenziale più proprietà e titoli), moltiplicate fino a 50-100 volte ed oltre. Nelle riserve inoltre, vengono conteggiati anche tutti i valori immobiliari e mobiliari , compresi titoli derivati “spazzatura”.
Per capirci bene: LE BANCHE PRESTANO SOLDI CHE NON HANNO! 
Questo sproporzionato rapporto, che dovrebbe essere stabilito dalla legge, deriva da lontanissime usanze risalenti a secoli fa, quando coloro che custodivano l’oro dei cittadini, davano come ricevuta la “fede di deposito”, divenuta in seguito “nota di banco”, da cui successivamente il termine “banconota”. Costoro si resero ben presto conto che il rapporto fra coloro che tornavano a prelevare il proprio oro, e quelli che lo lasciavano, sia per decesso, che per sicurezza, che per comodità, o perchè avevano smarrito le “fedi di deposito”, era molto alto. Questa semplicissima constatazione, indusse gli scaltri gioiellieri, futuri banchieri, ad emettere  e prestare in vece dell’oro, molte più note di banco del corrispondente valore dell’oro detenuto nei propri forzieri, ottenendo attraverso questo “moltiplicatore” del denaro enormi somme in interessi. Le banche sanno benissimo che mai tutti i clienti si presenteranno contemporaneamente a ritirare i propri contanti,( nel qual caso si scoprirebbe che non ne posseggono che l’ 1-2% di quelli prestati) e possono così impunemente lucrare prestando soldi che non hanno.
 Non vi è alcuna ragione tecnica al mondo che impedisca  allo Stato l’emissione monetaria(lo sono purtroppo gli sciagurati trattati firmati da una classe politica incompetente e corrotta), e di stabilire per legge che i crediti erogati dalle banche debbano equivalere ai risparmi raccolti. Se una banca vuole prestarne di più, dovrebbe emettere proprie obbligazioni ad un tasso modesto, che lo Stato acquisterà con moneta emessa dal Ministero del Tesoro. La banca lucrerà esclusivamente sulle commissioni e sulla differenza fra interessi passivi ed interessi attivi. Mantenendo in ogni momento la capacità di essere solvibile.
                                         DOVE CIRCOLA IL DENARO? 
Per poter parlare di “trasferimenti”, o di “redistribuzione”, o di “equità fiscale”, o di “crescita”, di “sviluppo”, ecc.., dobbiamo avere ben presente da dove i soldi partono, e dove arrivano, onde evitare di incorrere nel tranello della “coperta corta”.
Vi sono attualmente in Italia almeno 3.400.000 disoccupati, 10 .000.000 fra sotto occupati e precari, e 15.000.000 di pensioni da fame.  Facciamo due conti :3.400.000 X 20.000 = 68 miliardi/anno                
10.000.000 X 6000 = 60 miliardi/anno
15.000.000 X 6000 (mediamente) = 90 miliardi/anno.
Fanno in tutto 218 miliardi di euro che dovrebbe essere, euro più euro meno, la cifra annuale mancante sulla quale si dovrebbe discutere. E che consentirebbe di realizzare quella politica economica , contribuendo alla domanda interna (ora latitante) che incentiverebbe le aziende a riaprire, a riassumere,  a prosperare, e a pagare le imposte, dando vita al circolo virtuoso dello sviluppo e della famosa crescita.
Crescita che, in tutti i discorsi dei politici vediamo nebulosamente sfumare in un complicatissimo intreccio di evanescenti “misure” che sanno di approssimativo, di incompetenza, di fumo negli occhi, di temporeggiamento e di truffa.
I denari circolano, si spostano, entrano ed escono, da tre comparti e solamente da questi:
Il bilancio interno privato (cittadini, aziende, banche)
Il bilancio interno pubblico o governativo (che è un foglio contabile dello Stato)
Il bilancio esterno delle partite correnti (importazioni-esportazioni con l’estero)
Spostando risorse dentro il  primo settore, possiamo al massimo fare opera meritoria di redistribuzione sociale , ma nulla di più: la ricchezza non aumenta, e scarsamente lo sviluppo. Se poi consideriamo che la fetta più consistente si trasferisce alle banche, sotto forma di interesse, la prima misura di redistribuzione e la più ragionevole sarebbe quella di fare calare i tassi d’interesse. Ma mi pare che non se ne parli proprio, nonostante i soldi arrivino al - 0,4% dalla BCE.
Consideriamo ora lo spostamento di ricchezze dal secondo al primo settore: questo vorrebbe dire un sensibile calo delle imposte e tasse, ma mi pare che anche qui, semmai, si vada in direzione opposta. Ed inoltre, come dicono i politici : “non ci sarebbero i soldi per i servizi” (altra conseguenza assurda della permanenza nell’euro).
Rimane l’ultima possibilità, ragionando in termini di legislazione vigente: quella di reperire risorse aumentando le esportazioni: ma recuperare uno squilibrio di 200 miliardi con la Germania, mantenendo il cambio fisso dell’euro è pura fantascienza.
Quindi, che fare?
Ci vuole la risposta di riserva: il Jolly: il secondo comparto (governativo) potrebbe, cambiando la legislazione,  (art 105/A e 109 del trattato di Maastricht) decidere di immettere moneta sovrana nuova di zecca ex nihilo, cioè dal nulla (come fanno ora BCE e banche private) e sostituirsi a queste, o nazionalizzandole, o facendola emettere dal proprio Ministero del Tesoro, evitando di prenderla in prestito ad interesse dalla BCE e impedendo contemporaneamente per legge alle seconde(se private), di emettere prestiti privi di copertura. La natura privata di alcune banche potrebbe anche rimanere, ma queste dovrebbero dipendere dallo Stato per i rifornimenti di liquidità aggiuntivi, emettendo proprie obbligazioni che lo Stato si impegnerebbe a comperare a tassi ragionevoli. Diciamo 0,5% ad oggi (2016).
Lo spauracchio della devastante inflazione che ne conseguirebbe, è una bufala colossale, in quanto non è cambiando soggetto emittente che essa varia, dipendendo invece dal quantitativo di moneta emesso in rapporto alla ricchezza prodotta, o producibile se tendiamo alla completa occupazione. Ed inoltre abbiamo visto che ad oggi, sono proprio le banche ad emetterne il 93%, per cui è controllando questa percentuale (con banche pubbliche o a riserva 100%)che  si andrebbe ad incidere sull’economia reale.
Inoltre dobbiamo evitare il ricorrente errore di confondere “inflazione” con “svalutazione”.
Una soluzione meno drastica potrebbe essere quella di mantenere i rifornimenti in euro dalla BCE, ma dando vita ad almeno una banca interamente pubblica che, ricevendo i denari dalla BCE al -0,04%%,   li girasse allo Stato, ad esempio allo 0,3% invece che al 4% come accade ora. Sarebbero, a regime, circa 80 miliardi all’anno di interessi in meno da pagare! Non sarebbe la soluzione risolutiva, ma porterebbe un po’ di respiro all’economia.
C’è inoltre un’altra considerazione, molto sconfortante, su cui vorrei ritornare: essendo la BCE e tutte le banche Italiane,  istituzioni private, hanno come obiettivo e per legge: la “sana e prudente gestione”( D.Lgs. 14 Dicembre 1992 n. 481) e non il benessere dei cittadini. Quindi decidono in piena autonomia A CHI concedere tutti i prestiti, determinando così esse stesse la politica economica di un Paese.
QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELL’APPLICAZIONE DI UN INTERESSE AL DENARO
Esiste un aneddoto, un po’ blasfemo, ma molto simpatico che circola nell’ambiente dei “sovranisti”:
“La Madonna, alla nascita di Gesù, si trova sprovvista di pannolini, e preoccupata, si fa prestare 1 euro da un usuraio del posto al tasso del 4% per provvedere alla bisogna. Si dimentica del debito contratto, e solo dopo 2000 anni se ne rammenta. Chiede allora all’usuraio (che nel frattempo era migrato all’Inferno) quanto fosse il totale della somma dovuta: capitale più interessi. Questi, con la massima naturalezza le risponde: 1,13  X 10 alla 34 esima euro. Ovvero 1,13 seguito da 34 zeri: una somma, per capirci, che ci consentirebbe di comprare più di 700 globi grandi come la terra, di oro a 24 carati!”
Ignoriamo quale fu la risposta della Madonna, ma supponiamo che, nel suo caso, non abbia avuto difficoltà nel saldare l’usuraio. Il Padreterno, di pianeti ne aveva appena creati diversi miliardi di miliardi di miliardi.
Battute a parte, questo aneddoto ci fa capire la devastante conseguenza che l’applicazione dell’interesse composto può, nel tempo, creare.
Per avere un raffronto diretto, diremo che se si fosse trattato di interesse semplice del 4%, in 2000 anni, si sarebbero dovuti pagare solo 80 euro !
Anche se facciamo calcoli più contenuti temporalmente, ci accorgiamo infatti che le conseguenze dell’applicazione di un interesse, costruisce una curva esponenziale che ha la diabolica caratteristica di non essere nei primi anni percepibile in tutta la sua gravità, salvo in seguito  dimostrare tutta la sua forza anomala e devastante, che tradotto in termini pratici, non consente  matematicamente l’estinzione del debito stesso.
E’, comunque la si voglia interpretare, un trucco contabile, una vera e propria truffa.
Facciamo un esempio: la formula dell’interesse composto è : CF=CP(1+Y)^X
CF è il capitale finale, dopo X anni, mentre CP è il capitale iniziale. Y è l’interesse ed  è espresso in forma percentuale, cioè 0,04  indica il 4%. Il simbolo ^ è il simbolo di elevamento a potenza.
Calcoliamo ora quanto sarebbe dovuto dopo soli 10 anni per un prestito di 1000 euro al tasso del 4% (più o meno l’interesse che paghiamo sul “debito” pubblico):
1000 X ( 1+0,04)^10 = 1480 euro.
Un vero e proprio furto, ma contenuto. Calcoliamo ora ogni 10 anni.                              Ecco che a venti avremo :  2190 euro                      
A trenta avremo              :     3242    euro                  
A quaranta                      :   4798   euro
A  cinquanta                   :   7100 euro 
A sessanta                      :  10 509 euro
A settanta                       :   15553 euro
Faccio notare che la Repubblica Italiana, ha quasi settant’anni, e il “debito” pubblico lasciatoci dalla AM lire degli USA era di circa 170 miliardi di lire dell’epoca e che  , questo si è moltiplicato per più di 15 volte, solo per effetto degli interessi!
Senza alcuna colpa da parte del popolo Italiano.
Se invece vogliamo sapere l’andamento degli interessi trimestrali (wikipedia voce: anatocismo):

Infine, qualche breve concetto, che riassume in poche battute quanto abbiamo fino a qui appreso:
Nel nostro mondo economico, ogni singolo euro o dollaro, viene emesso a debito. Cioè chiedendolo in prestito alla banche. Logico e consequenziale è quindi  che più ricchezza e lavoro ci sono, e più denaro è in circolazione, e quindi più debito c’è.
Se l’economia cresce, è solo perché “qualcuno” monetizza beni e servizi da scambiare. Quindi: più economia = più lavoro = più occupazione = più denaro = più debito. Se voglio spedire molte lettere, avrò bisogno di molti francobolli. Se faccio entrare molti spettatori al cinema, avrò bisogno di molti biglietti, e così via….
Il sistema si sostiene fino a quando il tasso di crescita è superiore al tasso d’interesse. Nel caso contrario, il sistema collassa.
Ma se il denaro fosse emesso come il biglietto dello spettacolo, o il francobollo postale, l’economia girerebbe ed aumenterebbe senza generare alcun debito: biglietto, francobollo e denaro sarebbero pagati dai rispettivi beni dei quali consentono lo scambio.

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